domenica 18 aprile 2021

Intervista a Lucia Guidorizzi, la poetessa dei lunghi cammini.

LUCIA GUIDORIZZI
viandante nella vita e nella scrittura, è nata a Padova e vive a Venezia.  Laureata in Lettere, conduce seminari di lettura e scrittura ed ha recensito numerose opere di poeti contemporanei.
Ha pubblicato con Editoria Universitaria quattro libri di poesie: “Confini” (2005), “Scandalose entropie. Riflessioni poetiche sugli abusi prodotti dal divenire storico” (2006),“Ibrida Hybris”(2007), "Quadrilunio. Una tetralogia dell'Anima." (2009) e con Supernova "Milagros"(2011), “Nel paese dei castelli di sabbia” (2013), “Controcanto” (2015), “Pietra Esile” (2017), “Foreste e forestieri” (2019), “Quanto dista Finisterre?” (2020)
E’ curatrice della rubrica LuciAllaluna online sulla letteratura ispanoamericana per il Progetto 7Lune e curatrice per Cartesensibili https/ cartesensibili wordpress. com/ della rubrica Sentieri Sognanti e dei quaderni del Cammino. La sua voce è presente nella Poetry Sound Library curata da Giovanna Iorio.

Questa la sintetica biografia fornitaci dalla poetessa quando le si chiese di collaborare con noi in qualità di giurata per la Sezione Poesia alla XVIª edizione del nostro Premio Letterario.

In realtà, Lucia Guidorizzi è molto di più.

Ho avuto modo di constatare, attraverso i suoi scritti, quanto effettivamente Lucia sia una viandante, nella vita quanto nella scrittura. Ma non certo a livello amatoriale. In effetti è una viandante alla continua ricerca di percorsi di arricchimento, spirituali e culturali. Per meglio comprendere il suo valore artistico, l’ho invitata a rispondere ad alcune domande.

 

-Sembra quasi che il tuo essere veneziana, abitante di una città dove l’elemento acqua prevale, ti abbia stillato dentro la voglia di compensare l’instabilità dell’acqua con la stabilità della terra ferma, con dei camminamenti che vanno oltre l’equilibrio galleggiante delle tue radici. Che ne pensi di questa mia impressione?

 

Vivere in una città come Venezia significa vivere sospesi tra due dimensioni che dialogano tra loro. La sua collocazione particolarissima tra mare e laguna la rende una città di confine, o meglio, la caratterizza come una soglia tra due mondi. Per questo motivo le suggestioni legate all’acqua, simbolo dell’inconscio per eccellenza e la terra, luogo di radicamento e memoria, creano una condizione privilegiata per esprimersi poeticamente e simbolicamente.

 


-Dalla lettura dei tuoi versi si comprende quanto questi siano frutto di un duplice cammino. Ad esempio, in “Quanto dista Finisterre?”, tua recente raccolta poetica dal titolo emblematico, si può comprendere come tale viaggio passi anche attraverso approfonditi percorsi di studio. Il viaggio per te vuol dire forse riuscire a mettere insieme l’anima dei luoghi con quella dei libri - autori e miti - da te consumati quanto le tue scarpe?

 

Spesso le letture e le ricerche mi conducono verso i luoghi e i luoghi verso le letture e le ricerche. Mi è sempre piaciuto viaggiare in maniera duplice, attraverso lo studio di autori che appartengono ai territori che percorro. Ad esempio, proprio in “Quanto dista Finisterre?” c’è una sezione, intitolata “Trilogia gallega” che è un omaggio a tre poeti galleghi, Ramon del Valle Inclàn, Rosalia de Castro e Lois Pereiro che ho letto poco prima di partire e nel corso del mio cammino nell’estate del 2019 verso Santiago di Compostela lungo la “senda litoral” che si affaccia sull’Oceano Atlantico. La loro poesia mi ha accompagnato lungo il cammino e sono stati i miei numi tutelari e compagni di viaggio, i loro versi hanno scandito il ritmo dei miei passi.

 


-Il saper raccogliere esperienze strada facendo, è frutto di una eredità coltivata o fa semplicemente parte della tua natura?

 

Ho sempre amato moltissimo viaggiare, con il corpo e con lo spirito, per investigare luoghi, storie, vicende e conoscere persone, ma negli anni si è intensificata sempre più la necessità di percorrere a piedi lunghi tratti di strada, immersa nel paesaggio, per poter meglio assaporare le suggestioni che mi vengono incontro per poi allontanarsi. Questo modo di fare esperienza lo si potrebbe definire un “pensare rammemorante” da cui emergono parole e immagini che poi divengono scrittura.



 

Ti ritieni figlia d’arte? Quanto sei stata influenzata dallo stile di Gemma Guidorizzi Tasinato, intellettuale e fine poetessa, nonché tua madre?

 

A casa ho sempre sentito parlare di poesia. I miei genitori avevano un rapporto di grande complicità intellettuale e lavoravano insieme a progetti letterari, scrivevano recensioni, tenevano corrispondenza con molti poeti significativi del Novecento. Ho sempre trovato nella poesia il mio modo privilegiato per esprimermi e questa eredità materna negli anni si è fatta sempre più consistente.  Rileggendo ultimamente le sue poesie riconosco nella mia scrittura molte consonanze e similitudini di cui non ero prima del tutto consapevole.

 


-Ci sono altri autori che hanno segnato il tuo percorso?

 

Durante l’adolescenza ho letto e amato Charles Baudelaire e Arthur Rimbaud, ma anche Dino Campana, Emily Bronte e Emily Dickinson, tutti autori che amo ancora moltissimo. In seguito mi sono appassionata alla poesia di Fernando Pessoa.

 

-Oltre allo studio del mito, che ritieni importante come occasione per ripensare la contemporaneità, quali sono i temi a te più cari?

 

Uno dei temi che mi sono più cari è quello del dialogo con i morti, in quanto tutta la nostra esperienza esistenziale e poetica è debitrice delle letture di opere di autori che ci hanno preceduti, lasciando tracce e testimonianze indelebili che siamo in dovere di raccogliere e di trasmettere a nostra volta alle generazioni future.  Poesia è far parlare i morti che ci abitano e risarcire gli antenati, restituendo loro la parola.

Un altro tema che mi è caro è quello dell’impermanenza. Prendere coscienza dell’essenza effimera delle cose, di come in continuazione nascano e scompaiano. Soffermarsi sul senso illusorio che permea ogni cosa, legato al perenne divenire dell’Universo, permette di avere uno sguardo  consapevole sull’esistenza.

Nelle mie ultime raccolte si è fatto avanti anche il desiderio di diventare “forestiera”. Davanti alla perdita di senso della contemporaneità, di fronte all’orrore dell’essere continuamente esposti, monitorabili e catalogabili, addomesticati dall’informazione e dalle statistiche, la mia forma di dissenso e di rivolta consiste nell’entrare metaforicamente nella foresta, unico modo per mantenere intatto il proprio nucleo profondo e vitale. Penso che la poesia debba sempre operare un oltrepassamento, essere frutto di una ricerca assidua che porta a investigare luoghi e circostanze, spingendosi sempre oltre. La poesia non dimentica mai la ricerca, la curiosità, il desiderio e il superamento dei propri limiti. La poesia deve educarci, nel senso letterale del termine, ovvero condurci fuori da noi stessi.

 


Ho trovato in “Attraversando i campi” - da Quanto dista Finisterre?- dei versi molto significativi, adatti a comprendere, anche se solo in parte, la tua visione del “viaggio”. Ne ripropongo alcuni, con la speranza che la sintesi sia dimostrazione della tua intensità poetica

 

Solitari e ostinati

Imperterriti attraversiamo

Campi colline ponti crocicchi

 

Attraversiamo corpi

Lingue e linguaggi

E camminando cambiamo

Insieme ai paesaggi

 

Anche la parola

Camminando si trasforma

E con lei l’immagine del mondo

 

Attraverso parole passano segni

E segni inventano paesaggi

 

La lingua è il mio modo d’esistere

La abito camminando

 

Abitare le case della parola

Significa camminare in perenne dispatrio

 

Nell’ibrido impasto di suoni

Si percorre il corpo della Madre

Ci si avvicina al mistero dell’essere

 

Giungere a quel limite estremo

Che è la lingua materna

Dimensione mitica e leggendaria

Dell’Origine

 

Narrazione ininterrotta

È dimensione orale del racconto…

 

 

-Nella tua scrittura poetica fai volentieri a meno della punteggiatura, come se tu volessi esprimere un bisogno di pulizia ed essenzialità. La tua è una soluzione adottata da sempre?

 

Ho imparato un po’ alla volta ad alleggerire i testi, togliendo gran parte della punteggiatura e molti articoli determinativi e indeterminativi. Cerco anche di evitare le similitudini e tento di limitare l’uso degli aggettivi, anche se mi piacciono. In realtà, quando si scrive c’è molta zavorra che va eliminata. Sfrondare è importante perché così, un po’ alla volta, emerge l’essenza, il nucleo stesso della poesia.

 

-Ti va di condividere qui una poesia a cui tieni molto e a confidarcene il motivo?

 

Volentieri! E’ sempre difficile scegliere una poesia tra le varie che si sono scritte, perché ognuna è legata a momenti, emozioni e sensazioni diverse e particolari che diventano pietre miliari del proprio cammino esistenziale. Tra le tante, scelgo questa, che mi è particolarmente cara, perché mi sembra indichi una sorta di percorso spirituale, tra cadute, smarrimenti e assenze, verso una dimensione del profondo.

  

NADA

 

E dopo tutti i nostri incontri

Di nuovo devo abituarmi

Alla tua assenza

Quanta distanza c'è nell'amore

E quanto amore c'è nella distanza

 

Il discrimine è questa lama gentile

Che mi obbliga a spargere sangue

Che mi costringe cortesemente alla resa

Per non scalfire la santità del giorno

 

E dopo tutto questo frastuono

Mi ritrovo ancora ad ardere

Imprigionata in questa fiamma

Tenera e viva e sola

 

Lima la mia protervia protesa

Scheggia la pietra dura del cuore

Estrai la creatura palpitante

Impara il silenzio

 

Da “Quadrilunio” Editoria Universitaria 2009

 


-Quali saranno i tuoi prossimi passi, hai già in mente un nuovo itinerario, culturale?

 

Sto lavorando a un progetto in cui creo una sorta di dialogo oltre il tempo e lo spazio, tra la poesia di mia madre e la mia. Non è solo un lavoro autobiografico, ma un tentativo di investigare le radici del linguaggio, per risalire alle sorgenti stesse della poesia.

 


1 commento:

  1. grazie di questa bellissima opportunità di riflettere sulle tappe della mia scrittura: un modo per investigare il mistero della scrittura.

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