Cronaca di una presentazione fuori dai canoni.
Abbiamo già avuto modo di conoscere, nell’intervista da lei rilasciata e QUI riproposta, Gabriella Valera Gruber come persona socialmente e culturalmente impegnata. Ma cosa sappiamo di lei in quanto poeta?
In realtà, Gabriella Valera Gruber è nel suo ambiente un’autrice nota ed apprezzata, tanto che, a dover parlare di lei, verrebbe soggezione a chiunque.
Eppure, nonostante l’indiscusso valore e le numerose
manifestazioni di stima, Gabriella rimane una persona umile, sempre alla
ricerca del confronto.
Cosa non è stato già detto circa la sua poesia?, in tanti ne hanno parlato approfonditamente, analizzandone tutti gli aspetti in maniera aderente al suo sentire. Così è anche per la sua ultima pubblicazione “Scendevamo giù per la collina” Battello stampatore, una raccolta di oltre 100 testi, che scopriamo valorizzata da prefazione e postfazione, entrambe molto curate ad opera di Claudia Azzola ed Enzo Santese. Ulteriore arricchimento è stato poi apportato da Ottavio Gruber, marito dell’autrice, con le sue incisioni.
Certo, nessuno si sarebbe mai aspettato di dover attraversare
un periodo così buio quanto quello attualmente vissuto, segnato dalle morti e dall’isolamento
forzato. Una circostanza che ha visto annullare tanti impegni, inclusi quegl’incontri
che la nostra autrice aveva in programma per presentare al pubblico la sua
raccolta.
Ma una personalità come la sua, tenace ed instancabile, non
poteva certo farsi sopraffare dalla contingenza, o non approfittare delle
risorse in rete per promuovere altre iniziative culturali e per portare in
qualche modo a termine quelle già in corso.
Anche gli incontri di poesia del mercoledì sono proseguiti
regolarmente grazie all’uso di una piattaforma on-line. Ed è stato in uno di
questi ultimi incontri che Gabriella Valera ha espresso il desiderio di voler
riprendere le presentazioni della sua raccolta, alternandola contemporaneamente
con quella di altro autore del gruppo.
Cosa non semplice, a dire il vero, per chi come me attende il
mercoledì per declamare i propri versi e ricevere un giudizio qualificato, se
non un consiglio utile a migliorare il proprio stile. Ma le occasioni vanno
colte, e noi, fruitori degli incontri di poesia del mercoledì, lo abbiamo
fatto. Ciascuno a suo modo: leggendo e motivando, a sorpresa, le poesie di
questa ricca raccolta. Ne è venuta fuori una singolare presentazione, sincera e
partecipata. Cosa che l’autrice ha avuto la bontà di gradire, in modo palese.
Ed ora, per la promessa fattale di riportare per iscritto le
brevi note che hanno accompagnato la lettura dei suoi versi, prendo l’iniziativa
di cominciare con la mia. Con la speranza che altri vogliano poi aggiungere
anche la loro.
Uno degli aspetti che di frequente emerge dai testi poetici
di Gabriella Valera Gruber, è la sua capacità di rappresentare la sofferenza
umana, compresa quella meno visibile, pur restando al di sopra del personale. Il
dolore, spesso evidenziato dal verso asciutto e privo di sfumature artificiose,
resta comunque morbido, aperto alla speranza, nel suo rappresentare la
condizione di fragilità dell’uomo, rispetto alle forze della natura.
Il suo è un volo paragonabile a quello del gabbiano, creatura
spesso presente nei suoi versi, capace di vivere cielo, terra e mare, un campo
visivo più ampio sul quale restare, senza mai poggiare sul terreno della
retorica: Ali ampie di gabbiano / in alto / superbe e candide /nel grigio
delle nuvole / respiro ampio mi solleva.
Ma da così profondo dolore, l’autrice sorprende col suo improvviso riemergere come essere umano bisognoso d’amore. Ed è nel suo amore per l’altro che ella trova in fine consolazione, dando così vita ad un coinvolgente equilibrio dei versi che hanno funzione conciliante, capaci di acquietare l’essere umano in preda alle proprie contraddizioni: / oggi nel cielo alto dell’estate / fra rami frondosi, / la voce degli uccelli / ha una forza che non perdona / l’anima rincantucciata / fra i problemi di sempre. // Non ho ancora risolto l’enigma. // Ma c’è un amore che mi attende / ed io per lui / ogni giorno / ritorno da lontano. / Stasera, quando ci daremo la mano, / avrò negli occhi un canto.
È facile cogliere come l’amore diventi artefice di rientri
da quel luogo lontano, dove la sensibilità del poeta vive immersa nella
dolorosa visione della realtà.
L’amore, sentimento nutrito e ricambiato, ha radici nel
profondo rispetto per l’altro, e per sé. Un bene, questo, che l’autrice apprezza
come inestimabile ricchezza. Tant’è che nell’indossare i panni di chi ne è
privo, da lei definiti i rifiutati della terra, esclama a chiusura di
una breve e profonda poesia: / chiedo perdono / di esistere così come
sono / senza un amore.
L’amore, anche, come chiave di lettura per approfondire il pensiero
della nostra autrice.
Assunta Spedicato.
Su queste rotaie metafisiche sono racchiusi il mistero e la meraviglia del suo percorso poetico, fatto d’incontri, di scambi, e di un coraggioso procedere con levità ed intento inflessibile.
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