Quando e come ha preso coscienza del proprio talento espressivo, ne ricorda i particolari?
- Ringrazio davvero per il
complimento. Quattro anni or sono mi convinsi a partecipare ad un concorso
letterario, senza nutrire particolari ambizioni. Andò bene e ciò mi incoraggiò
a proseguire con gli esperimenti in versi fino ad acquisire uno stile
personale. Mi accorsi presto che lo scrivere presuppone il “guardarsi dentro”; la poesia è
un’espressione della nostra anima, forse quella più recondita, timida,
apparentemente impenetrabile. E questo sforzo, una volta condiviso, faceva bene
a me così come a chi mi leggeva. Calvino diceva che la fantasia è “un posto dove ci piove dentro”. Ecco, il
poeta raccoglie l’acqua e la trasforma in inchiostro su carta; ma l’ispirazione
viene sempre da fuori, da un cielo spesso plumbeo e nuvoloso, che promette
tempesta! Non a caso molte opere nascono in un periodo di solitudine, di
meditazione, di buio, a volte come risposta naturale ai fatti avversi.
Quali gli autori che hanno contribuito a delineare il suo percorso?
- Sono stato accostato dai
critici a vari autori celeberrimi. Paragoni imbarazzanti, in realtà, per chi ha
iniziato da così poco: Cecco Angiolieri, Pascoli, Trilussa, De André…forse per
la capacità di scrivere in rima, accompagnata all’'ironia sottile, pungente, a
volte irriverente, che spesso serpeggia tra le interlinee…più che ad un autore
io attingo dalla realtà. Quasi tutte le mie liriche sono il risultato
dell’osservazione di quanto mi accade intorno, rivisitato, edulcorato, a volte
enfatizzato dalla penna.
Quali, a suo giudizio, gli aspetti che contraddistinguono il suo stile?
- Certamente l’attenzione
metrica, al ritmo e più in generale all’uso della parola. Tempo fa scrivevo quasi
esclusivamente in rima, ora mi sono ravveduto ma solo in parte: le rime nelle
mie liriche più recenti ci sono seppur non chiudano sempre il verso, ma sono
dislocate all’inizio o al suo interno. Utilizzo anche allitterazioni e
assonanze per conferire musicalità al testo, perché ritengo che la poesia, come
la canzone, debba essere orecchiabile. Ma questi sono solo dettagli
stilistici. Il dettaglio principe, quello che fa la differenza, è l’emozione
che
Ha progetti in cantiere, ce li può svelare?
- Sto curando un paio di pubblicazioni, frutto della vittoria in altrettanti concorsi. Vogliono essere queste il mio modesto contributo permanente al mondo della poesia; non ho velleità di successo in un ambiente complesso e pieno di insidie. Mi piacerebbe solo poter essere apprezzato anche da chi non è del settore, non bazzica i reading o le premiazioni: chi scrive lo fa per sé, per esigenza personale, ma il riscontro della bontà del suo sforzo deve darlo il pubblico dei lettori. Se qualcuno, leggendo un mio libro, mi dicesse, in tutta sincerità, “mi piace”, “mi ci sono ritrovato”, oppure “mi è scesa la lacrimuccia”, avrei vinto la mia personale scommessa: diffondere un sentimento di comunanza, unione di vedute, di solidarietà attraverso un linguaggio diverso dalla prosa.
Crede che la poesia attualmente godi di buona salute?
- Parafrasando Warhol, gode della sua finestra di notorietà. Gli editori sostengono a ragione che i libri di poesia non li legge nessuno. Però è anche vero che i mass media riconoscono ai poeti sempre più spazio. Fioccano congressi come per materie scientifiche, i reading sono sempre più trendy, i concorsi letterari, seri o farlocchi, spuntano come i funghi, sui quotidiani non mancano trafiletti a tema. Insomma, gli operatori del settore hanno captato il crescente interesse per la poesia e intendono sfruttarlo per crearne un nuovo business. Ma più che la buona salute della poesia conta la nostra salute: per il lettore la poesia è cibo per l’anima e, come tale, è gradito e digerito solo se di buona qualità. Lo è se veicola valori positivi fondanti la pacifica e consapevole convivenza civile: la ricerca della verità, la giustizia sociale, la solidarietà, la proattività per migliorare noi stessi e gli altri.
Cosa pensa dei concorsi letterari in genere? Trova sia utile parteciparvi?
- Come anticipato, ormai c’è
l’imbarazzo della scelta! Chi vi partecipa dà senza dubbio un buon esempio in
termini di sostegno alla diffusione della cultura sul territorio, in un
ambiente in cui i fondi e gli sponsor paganti scarseggiano e le quote di iscrizione
a volte non coprono nemmeno l’ammontare delle spese organizzative. I concorsi
rappresentano poi occasioni di conoscenza o ritrovo tra persone affini, di
scoperta di luoghi incantevoli anche se non famosi ai più, di arricchimento
spirituale notevole.
Però alcuni di loro potrebbero (e
dovrebbero) “svecchiarsi”, rinnovandosi in alcuni aspetti: ad esempio,
l’introduzione di nuove e moderne sezioni (haiku, video-poesie, poesie con
immagini, ecc.), o di forme differenti di premialità in luogo delle usuali pergamene,
medaglie, targhe, e – aggiungerei - una maggiore attenzione ai giovani, agli
under 30, ai “poeti” del prossimo futuro.
Si ringrazia l’autore Flavio Provini per le sue schiette e argute risposte e vi lasciamo alla lettura della poesia vincitrice della XV edizione del Premio e delle motivazioni.
Motivazione della Giuria
È la sveglia, con tutti i suoi
significati simbolici, ad aprire questa bella poesia e a restituire
nell’immediato un doloroso senso d’incompiuto. Alla sveglia è infatti assegnato
il compito di scuotere, a dispetto del suo odierno silenzio, le coscienze
intorpidite dal tempo.
A parlare è l’uomo insonne,
immobilizzato dalle circostanze, quasi fosse rimasto fermo in quel lasso di
tempo dilatato che precede il mattino, quando il sonno cede il posto alle ansie
e si resta in attesa che il suono della sveglia irrompa per dare finalmente
inizio a un nuovo giorno. E diviene probabile immaginarlo lì, protagonista ora
d’un tempo d’attesa, fermo nella speranza che la giustizia possa tornare un
giorno a squillare, a interrompere definitivamente l’incubo, come l’oscuro
presagio di morte che attanagliò i suoi ultimi giorni.
Altrettanto efficace è l’analogia
creata, dove un Dio pietoso è portato a genuflettersi per una colpa non sua,
per un peccato ancora più grave di quello originale
e che costò all’umanità la perdita del Paradiso terrestre.
I versi proseguono fluidi, in un
crescendo lirico che osserva l’uomo specchiarsi nella realtà, con indosso la
sua veste più intima, spogliato di tutto, della toga, persino del caldo abbraccio di un’idea onesta.
Eppure si avverte, oltre la coltre, l’avanzare di un concetto: nessuno potrà
mai più separare dall’idea di Giustizia l’immagine dell’uomo e di quei cinque eroi, ciascuno fedele alle
proprie scelte ed eternamente disposti a far
l’amore coi commi della legge.
Assunta Spedicato.
Nota del Presidente di Giuria
Nessun commento:
Posta un commento