mercoledì 26 agosto 2020

Intervista al poeta FLAVIO PROVINI

 I° Premio Poesia al XV° Premio Letterario Internazionale NAPOLI CULTURAL CLASSIC



Flavio Provini, autore della poesia “Via D’Amelio”, premiata al I° posto nella Sezione Adulti dedicata alla Poesia Inedita del XV° Premio Letterario Internazionale Napoli Cultural Classic, ci parli di lei.

- Quale migliore risposta se non con un mio acrostinomio, cioè un acrostico con il mio nome e cognome?

FLAVIO PROVINI
(acrostinomio in endecasillabi rimati)


F - Fino a che con cipiglio sbarazzino
L - lavorerò con grinta, con passione
A - al sogno che mi sfugge cardellino,
V - volerò come libero aquilone
I - indipendente, folle scribacchino
O - oltre il nevischio della convenzione
P - per tracciar sulla carta il mio destino,
R - raccoglierò la E dell’Emozione
O - offrendo al caro ignoto ed al vicino
V - versi di pace, amore, fede, unione
I - incanti per chi dentro è fanciullino
N - note di Muse, rime a profusione,
I - indifferente al mondo truffaldino.


Sono avvocato da circa dieci anni, lavoro in una pubblica amministrazione lombarda come funzionario addetto alle sanzioni amministrative e, per buona parte del mio tempo libero, mi getto a capofitto nel mare della poesia, per cui anche gli amici ora mi qualificano, con un pizzico di bonaria ironia, come “poeta”. Senza dubbio è un titolo pesante da portare perché i poeti che studiamo a scuola hanno plasmato indelebilmente il nostro passato. Tuttavia penso che, in fondo, tutti noi siamo artisti della vita e la rendiamo originale con le nostre idee e soprattutto con le nostre azioni. 

Quando e come ha preso coscienza del proprio talento espressivo, ne ricorda i particolari?

- Ringrazio davvero per il complimento. Quattro anni or sono mi convinsi a partecipare ad un concorso letterario, senza nutrire particolari ambizioni. Andò bene e ciò mi incoraggiò a proseguire con gli esperimenti in versi fino ad acquisire uno stile personale. Mi accorsi presto che lo scrivere presuppone il “guardarsi dentro”; la poesia è un’espressione della nostra anima, forse quella più recondita, timida, apparentemente impenetrabile. E questo sforzo, una volta condiviso, faceva bene a me così come a chi mi leggeva. Calvino diceva che la fantasia è “un posto dove ci piove dentro”. Ecco, il poeta raccoglie l’acqua e la trasforma in inchiostro su carta; ma l’ispirazione viene sempre da fuori, da un cielo spesso plumbeo e nuvoloso, che promette tempesta! Non a caso molte opere nascono in un periodo di solitudine, di meditazione, di buio, a volte come risposta naturale ai fatti avversi.

 

Quali gli autori che hanno contribuito a delineare il suo percorso?

- Sono stato accostato dai critici a vari autori celeberrimi. Paragoni imbarazzanti, in realtà, per chi ha iniziato da così poco: Cecco Angiolieri, Pascoli, Trilussa, De André…forse per la capacità di scrivere in rima, accompagnata all’'ironia sottile, pungente, a volte irriverente, che spesso serpeggia tra le interlinee…più che ad un autore io attingo dalla realtà. Quasi tutte le mie liriche sono il risultato dell’osservazione di quanto mi accade intorno, rivisitato, edulcorato, a volte enfatizzato dalla penna.

 


Quali, a suo giudizio, gli aspetti che contraddistinguono il suo stile?

- Certamente l’attenzione metrica, al ritmo e più in generale all’uso della parola. Tempo fa scrivevo quasi esclusivamente in rima, ora mi sono ravveduto ma solo in parte: le rime nelle mie liriche più recenti ci sono seppur non chiudano sempre il verso, ma sono dislocate all’inizio o al suo interno. Utilizzo anche allitterazioni e assonanze per conferire musicalità al testo, perché ritengo che la poesia, come la canzone, debba essere orecchiabile. Ma questi sono solo dettagli stilistici. Il dettaglio principe, quello che fa la differenza, è l’emozione che la Poesia deve suscitare per definirsi tale. Quando scrivo devo emozionarmi io stesso e se non mi riesce….cancello tutto! Un’opera che è un puro e asettico esercizio di stile, per quanto formalmente ineccepibile, non arrivando al cuore non può proprio convincermi.

 

Ha progetti in cantiere, ce li può svelare?

- Sto curando un paio di pubblicazioni, frutto della vittoria in altrettanti concorsi. Vogliono essere queste il mio modesto contributo permanente al mondo della poesia; non ho velleità di successo in un ambiente complesso e pieno di insidie. Mi piacerebbe solo poter essere apprezzato anche da chi non è del settore, non bazzica i reading o le premiazioni: chi scrive lo fa per sé, per esigenza personale, ma il riscontro della bontà del suo sforzo deve darlo il pubblico dei lettori. Se qualcuno, leggendo un mio libro, mi dicesse, in tutta sincerità, “mi piace”, “mi ci sono ritrovato”, oppure “mi è scesa la lacrimuccia”, avrei vinto la mia personale scommessa: diffondere un sentimento di comunanza, unione di vedute, di solidarietà attraverso un linguaggio diverso dalla prosa.

 

Crede che la poesia attualmente godi di buona salute?

- Parafrasando Warhol, gode della sua finestra di notorietà. Gli editori sostengono a ragione che i libri di poesia non li legge nessuno. Però è anche vero che i mass media riconoscono ai poeti sempre più spazio. Fioccano congressi come per materie scientifiche, i reading sono sempre più trendy, i concorsi letterari, seri o farlocchi, spuntano come i funghi, sui quotidiani non mancano trafiletti a tema. Insomma, gli operatori del settore hanno captato il crescente interesse per la poesia e intendono sfruttarlo per crearne un nuovo business. Ma più che la buona salute della poesia conta la nostra salute: per il lettore la poesia è cibo per l’anima e, come tale, è gradito e digerito solo se di buona qualità. Lo è se veicola valori positivi fondanti la pacifica e consapevole convivenza civile: la ricerca della verità, la giustizia sociale, la solidarietà, la proattività per migliorare noi stessi e gli altri.

 

Cosa pensa dei concorsi letterari in genere? Trova sia utile parteciparvi?

- Come anticipato, ormai c’è l’imbarazzo della scelta! Chi vi partecipa dà senza dubbio un buon esempio in termini di sostegno alla diffusione della cultura sul territorio, in un ambiente in cui i fondi e gli sponsor paganti scarseggiano e le quote di iscrizione a volte non coprono nemmeno l’ammontare delle spese organizzative. I concorsi rappresentano poi occasioni di conoscenza o ritrovo tra persone affini, di scoperta di luoghi incantevoli anche se non famosi ai più, di arricchimento spirituale notevole.

Però alcuni di loro potrebbero (e dovrebbero) “svecchiarsi”, rinnovandosi in alcuni aspetti: ad esempio, l’introduzione di nuove e moderne sezioni (haiku, video-poesie, poesie con immagini, ecc.), o di forme differenti di premialità in luogo delle usuali pergamene, medaglie, targhe, e – aggiungerei - una maggiore attenzione ai giovani, agli under 30, ai “poeti” del prossimo futuro.

 

Si ringrazia l’autore Flavio Provini per le sue schiette e argute risposte e vi lasciamo alla lettura della poesia vincitrice della XV edizione del Premio e delle motivazioni.


Via D'Amelio

(al giudice Paolo Borsellino, alla sua scorta)


Ora che la sveglia non squilla più alle cinque
e ingiustizia è fatta sullo scranno del tempo,
io danzo farfalla bianca in un pulviscolo di ricordi
e nuvole sospese sul tramestio dei vivi,
assolvo un Dio che si genuflette come fosse il reo
di quel boato, un neo sulla pelle del passato,
con il mio corteo di cinque amici ancora appresso
nel cielo dove il sole è un bocciolo di zagara.

E ci stringiamo insieme, io e i miei ragazzi
strappati ai roseti in fiore come spine fastidiose,
piantiamo a memoria il seme del perdono,
un segno di vittoria che ora echeggia nelle scuole,
sulle stampe ingiallite dove ancora sono
fiero nel gessato grigio su misura
un sorriso scucito ai baffetti per non tradire
la paura che mi azzannava il cuore,
e i miei figli in sogno che si sbracciavano
mentre salivo i gradini del Palazzo Azzurro.

Non ho più toga adesso, né un arsenale di illusioni
neppure il caldo abbraccio di un’idea onesta
a coprire membra implose come petardi
in uno scoppio che capovolse il giorno,
là, da mia madre, sul davanzale dell’estate.

E faccio ancora l’amore coi commi della legge
mi inebrio di fragranze di precetti,
di parole belle, come lealtà, rispetto, buon costume
di assiomi che scuotono il tetto delle istituzioni.
E li ripeto, li ripetiamo in coretto, io e quei cinque eroi
Agostino, Vincenzo, Claudio, Walter, Emanuela
quando ricordiamo il gas che scalzò l’abbaglio viola
i coriandoli che fummo su lamiere e calcinacci
la ruggine del vespro giunto troppo presto
la bolla che ci fagocitò prima della stretta del silenzio
e le sirene delle volanti che non sentimmo,

già farfalle bianche su una nube di tritolo
in quel volo di metà luglio, in Via D'Amelio.

Motivazione della Giuria

È la sveglia, con tutti i suoi significati simbolici, ad aprire questa bella poesia e a restituire nell’immediato un doloroso senso d’incompiuto. Alla sveglia è infatti assegnato il compito di scuotere, a dispetto del suo odierno silenzio, le coscienze intorpidite dal tempo.

A parlare è l’uomo insonne, immobilizzato dalle circostanze, quasi fosse rimasto fermo in quel lasso di tempo dilatato che precede il mattino, quando il sonno cede il posto alle ansie e si resta in attesa che il suono della sveglia irrompa per dare finalmente inizio a un nuovo giorno. E diviene probabile immaginarlo lì, protagonista ora d’un tempo d’attesa, fermo nella speranza che la giustizia possa tornare un giorno a squillare, a interrompere definitivamente l’incubo, come l’oscuro presagio di morte che attanagliò i suoi ultimi giorni.

Altrettanto efficace è l’analogia creata, dove un Dio pietoso è portato a genuflettersi per una colpa non sua, per un peccato ancora più grave di quello originale e che costò all’umanità la perdita del Paradiso terrestre.

I versi proseguono fluidi, in un crescendo lirico che osserva l’uomo specchiarsi nella realtà, con indosso la sua veste più intima, spogliato di tutto, della toga, persino del caldo abbraccio di un’idea onesta. Eppure si avverte, oltre la coltre, l’avanzare di un concetto: nessuno potrà mai più separare dall’idea di Giustizia l’immagine dell’uomo e di quei cinque eroi, ciascuno fedele alle proprie scelte ed eternamente disposti a far l’amore coi commi della legge.

Assunta Spedicato.

Nota del Presidente di Giuria

Per niente avvantaggiata dalla notorietà della vicenda trattata, la poesia si snoda piacevolmente creando rivoli di ricordi e di riflessioni, forgiando una immagine completa di sensazioni e condizioni reali che danno al lettore l’idea di viverne ancora oggi la cruenta verità, un monito su cui meditare affinché altre farfalle possano volare felici e non perire di ingiustizia e violenza.

Giuseppe Laterza.

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