venerdì 10 giugno 2022

Intervista a Francesca Garofalo 1° Premio per la Narrativa al XVII° Premio letterario internazionale Napoli Cultural Classic

a cura di Assunta Spedicato

Mio padre è stato per molti anni lo scenografo di Eduardo De Filippo,
in casa siamo cresciuti con il mito di questa figura sempre presente
 

Fa sempre piacere, all’indomani di un evento, ricevere dai partecipanti dei segnali anche piccoli di approvazione. Di certo non si è fatta attendere l’affabile Francesca Garofalo che ha avuto la delicatezza di scriverci una mail per condividere gioie e impressioni della serata.
Prendendo spunto dai contenuti della sua gradita mail abbiamo pensato di sviluppare le domande per una intervista


-Francesca, nella sua mail ci ha confidato di aver scoperto la scrittura molto tardi e che, pur avendo nutrito da sempre questa sua passione, in realtà non ne era del tutto consapevole. Chi è stata la prima persona che intuendo il suo potenziale l’ha spronata a cimentarsi nella scrittura?

Durante il mio percorso scolastico ho incontrato degli insegnanti che hanno valorizzato ed esaltato questa mia propensione, le materie umanistiche hanno infatti da sempre catturato il mio interesse molto più di quelle scientifiche, ma la persona che in assoluto, più di tutte, ha intuito e incoraggiato questa mia passione è stata mia madre, grande lettrice, appassionata studiosa e bravissima scrittrice autodidatta.
Ha riempito la nostra casa di libri dandomi la possibilità di innamorarmi delle parole e mi ha regalato le letture a cui sono rimasta più affezionata.
A sedici anni leggevo García Márquez, Camilleri, Steinbeck, Agatha Christie, testi teatrali e tutti i cruciverba già completati da lei che trovavo in giro per casa! E anche Harry Potter!


-Alla luce del riconoscimento appena conseguito, si ritiene una scrittrice?

Sono a dir poco onorata di aver ricevuto un premio come quello dedicato alla narrativa del Cultural Classic, attento, aperto ai giovani, generoso, ma la strada per ritenersi scrittori è lunga e sono appena all'inizio.
Potrei ritenermi un'autrice, in quanto mamma dei miei "figli di carta", come mi piace chiamarli, questo è l'unico appellativo che sento di concedermi.



-Formazione, ideali, passioni, ci fornisca insomma gli elementi per mettere a fuoco la sua immagine.

Provengo da una famiglia che ha sempre lavorato a teatro, papà scenografo, protagonista del mio racconto, mamma regista, fratello direttore di scena.
Parenti fotografi, architetti, musicisti, pittori e poeti. Un ambiente molto variegato e creativo nel quale crescere.
Dopo aver frequentato il liceo artistico mi sono diplomata all'Accademia di Belle Arti con indirizzo scenografia e costume per il teatro e il cinema e quella è diventata la mia professione.
Le tavole del palcoscenico e la magia del teatro sono state sempre per me motivo d'ispirazione, specchio di un'arte antica, pulita, fatta di fatica e sudore, molto lontana da alcuni meccanismi e falsi miti che oggi, a mio parere, stanno devastando la visione di tanti giovani.
Non ho nulla contro i social, li utilizzo con moderazione e credo nella loro utilità, quello che non amo è l'abuso di certi canali per divulgare cose insensate, spesso prive di eleganza, e il pensiero che il mondo dell'arte in questo senso stia subendo sicuramente un cambiamento rivolto al progresso, ma anche un declino.
Può sembrare un argomento senza connessione con questa domanda, invece credo che ne abbia.
Per il resto, se potessi, vivrei senza scarpe, di libri, natura e osservazione delle bellezze del mondo.




-Ha già vissuto l’esperienza di una pubblicazione?

Nel 2018 ho scritto di getto in due mesi un piccolo romanzo dal titolo Enrico, una storia ironica e leggera su un ammiratore un po' attempato di Harry Potter ambientato nella bellissima Puglia, terra che grazie ad amici e persone care ho imparato a conoscere e amare tantissimo.
In un paesello di centoventinove abitanti, pensando che l'invito da Hogwarts non sia giunto per i ritardi delle poste, Enrico corre ogni primo settembre contro il muro della stazione di Zapponè rischiando una commozione cerebrale, alla ricerca del binario 9 e3/4 che possa catapultarlo nel romanzo della sua autrice preferita.
Con i suoi inseparabili amici ha fatto di una cava di tufo abbandonata un santuario in cui custodire ciarpame "magico" ed esercitarsi nella realizzazione di incantesimi, credendoci fermamente nonostante i trent'anni superati, ma quel paesino senza librerie e senza internet non è un posto per fanboy ed Enrico non ha più l'età per sognare...
Don Chisciotte combatteva mulini a vento, Enrico insegue binari invisibili e si sollazza nel mentre con caciocavallo e vini rossi attingendo con leggerezza al folklore del Sud.
Insomma, un libro per gli amanti di Harry Potter e non solo, nato con la speranza di regalare una risata e far sognare per qualche ora, perché ne abbiamo veramente bisogno.




-Nel racconto descrive in maniera avvincente la natura accogliente e selvaggia di un’isola chiamata ISCA, nome che fa anche da titolo al racconto. Conosceva già quelle atmosfere o ha dovuto recarsi lì per subirne il fascino e poi raccontarlo?

Ho avuto l'onore di visitarla da piccola, quando era ancora di proprietà della famiglia De Filippo. Per le descrizioni accurate mi sono affidata invece ai bei ricordi del protagonista del racconto, mio padre, che l'ha vissuta accanto a Eduardo in prima persona.


-Ci ha rivelato che il racconto, presente tra gli altri nell’antologia del Premio a cura di Assunta Spedicato e delle Edizioni Giuseppe Laterza, nasce da un’esperienza reale e vissuta in maniera indiretta. Ce ne vuole parlare?

Mio padre è stato per molti anni lo scenografo di Eduardo De Filippo, in casa siamo cresciuti con il mito di questa figura sempre presente e un grande affetto per la sua famiglia, con cui ancora oggi, a volte, collaboriamo. Ho pensato che i ricordi professionali e umani di un percorso del genere fossero merce rara da salvaguardare e ho convinto mio padre a scavare nella memoria per ritrovarli, riordinarli e ricostruirli.
Il punto di vista inedito non di un attore, ma di un tecnico che è stato accanto a uno degli artisti più importanti e riconosciuti di sempre e ha condiviso con lui tanti momenti degni di essere raccontati.
Isca è in realtà il primo capitolo di un romanzo che stiamo scrivendo a quattro mani, trasformato in racconto per permettergli di uscire dal cassetto e farsi conoscere.



-Quali sono in campo letterario i suoi progetti futuri?

Tra pochi mesi uscirà il secondo capitolo della saga di Enrico, che nel suo piccolo ha riscosso una piacevole approvazione da parte dei lettori amanti del genere.
Intendo poi lavorare allo sviluppo del romanzo da cui è tratto Isca e all'editing di una storia molto affascinante sulla conversione di mia madre all'Islam avvenuta vent'anni fa attraverso un viaggio in Egitto durante il quale ha abbandonato le comodità e la struttura che la ospitava per andare a perdersi e ritrovarsi nel deserto...
Mia madre è stata una vera avventuriera.
Ho scelto con gioia di diventare la voce delle bellissime storie della mia famiglia, in questo ispirata anche da mia zia Nadia, poetessa e scrittrice che ha dedicato le sue opere alla storia altrettanto romantica e avventurosa dei nostri nonni e bisnonni.


-Come è venuta a conoscenza del nostro Premio? Ha già ottenuto altri riconoscimenti?

Ho sentito parlare del Premio da scrittori e lettori che hanno avuto modo di apprezzarlo in qualità di pubblico nelle passate edizioni ed è stata una bellissima scoperta.
Non ho mai ricevuto nessun premio, solo una menzione per il mio piccolo romanzo tra i "Duecento libri più belli d'Italia" in un altro concorso.
Calcolando che siamo un paese di santi, poeti e navigatori, posso ritenermi fortunata a livello di percentuale!


Nella speranza che questo suo premio sia il primo di una lunga serie di soddisfazioni, la ringraziamo per la disponibilità e la salutiamo con un arrivederci.

Grazie a voi conserverò un ricordo meraviglioso e sarò ancora più motivata nel portare avanti questo bellissimo e complicato percorso...


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